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Nelle giornate dell’avvocato Guerrieri, ogni tanto – ma sempre troppo spesso per il bene della sua carriera –, piomba una pratica, di quelle che non portano né soldi né gloria, ma solo nuovi nemici. Lui non riesce a rifiutarle, una specie di molla gli scatta dentro. La nuova pratica di Ad occhi chiusi gli prospetta una giovane donna vittima di maltrattamenti che ha avuto il coraggio di denunciare l’ex compagno suo persecutore: nessun avvocato vuol rappresentarla per timore delle persone potenti implicate. E la molla che gliela fa accettare sembra essere la ragazza con un’aura di inquietudine, che una sera si presenta assieme all’amico ispettore di polizia nel suo studio per chiedergli di assumere la difesa della donna tormentata. È alta, forte, quasi minacciosa, vestita con un giubbotto di cuoio nero e un paio di jeans. Una poliziotta, pensa Guerrieri. «Lei è suor Claudia». E inizia, in tribunale e fuori, una lotta feroce, una caccia accidentata, all’ultimo respiro: psicologicamente rischiosa, persino per quella suora enigmatica. Carofiglio possiede la capacità di rovesciare la lentezza tipica dei tribunali italiani che addormenta le cronache, in un elemento di vivacità e di azione; di tramutare il pigro senso di giustizia che pervade ambienti e contesti, in una scintilla che accende di passione. Un intreccio rigoroso, senza trucchi, che plasma i personaggi nel magma degli eventi: la fragile donna braccata, l’aguzzino, il padre potente reggifili del Palazzo, la coraggiosa pm, l’avvocato equivoco, il giudice che teme le complicazioni. E in primo piano, suor Claudia, tragica e commovente figura femminile.